2° PARTE - PROSTITUZIONE, PROIBIRE O LEGALIZZARE? di Barbara Pegoraro e Maurizio Vezzali

Set. 20 2013

FENOMENO CHE SFUGGE A QUALUNQUE CONTROLLO SOCIALE, SANITARIO E FISCALE.

Ragazze minorenni gettate nel mondo del sesso a pagamento e costrette ad abortire quando capita “l’incidente”.
Donne obbligate a prostituirsi, schiave contro la propria volontà, oggetti di proprietà da vendere o mettere in palio.

Delle 50-70 mila prostitute presenti in Italia (dati del 2010 forniti dalla commissione affari sociali della Camera), il 65% esercita in strada, una percentuale che oscilla tra il 5 e il 10% è vittima dello sfruttamento e le minorenni sarebbero addirittura tra il 10 e il 20% (dati del Gruppo Abele di don Ciotti). Il numero dei reati subiti dalle prostitute, al netto

di sfruttamento e violenze da parte dei “papponi”, è impressionante: furti, rapine, pestaggi, stupri, omicidi. Non esiste un dato aggregato, ma anche solo guardando le notizie di cronaca nera – e molti reati non vengono denunciati e quindi scoperti - emergono situazioni preoccupanti. Anche da un punto di vista sanitario la mancanza di controlli crea numerosi problemi: su nove milioni di clienti, un’ampia maggioranza chiede di non usare il preservativo (addirittura l’80% secondo i dati del Gruppo Abele). E tra le prostitute, specie a seguito dell’ingresso nel mercato di moltissime stranieri irregolari, aumentano i casi di Hiv, senza contare le malattie sessualmente trasmissibili meno gravi ma più diffuse.

I recenti casi di violenza e sfruttamento riaprono il dibattito sul mercato del sesso a pagamento, che viene regolamentato in Germania, Olanda e in parte anche in Spagna. E proibito a Stoccolma.

L'Italia sceglie l’ipocrita via di mezzo: chiudere un occhio.

Da un’indagine svolta da alcune associazioni sulla strada e su internet, il numero delle prostitute a dicembre 2012 sarebbe arrivato a superare la soglia delle 100.000 unità alla quale va aggiunta il fenomeno della prostituzione maschile che coinvolge circa 4.000 ragazzi e quello della prostituzione omosessuale (transessuali e non solo) che coinvolge circa 12.000 persone.

Contribuire alle spese della comunità di cui si fa parte, entrare in un circuito legale di diritti e doveri, contribuzione e servizi, se si produce ricchezza è “ricchezza aggiunta per tutti”.

Eppure, piaccia o meno, la legge non impedisce di vendere il proprio corpo. Ecco perché a distanza di mezzo secolo, trovare nuove forme di regolamentazione è un dovere. Regolamentare, oggi, vuol dire anche poter combattere lo sfruttamento meglio di prima. E significherebbe soprattutto (come in Germania) produrre un enorme gettito, garanzie sanitarie e previdenziali per chi fa questo lavoro. Sarebbe bello investire in opere sociali gli introiti delle aliquote sessuali, inventare un welfare erotico, e festeggiare, nel paese degli evasori che vivono da parassiti, il senso etico delle Equi-prostitute che vogliono contribuire alla salvezza dello stato sociale.